Tre osservazioni che ho da fare sui tirocini pagati poco o niente

Il Parlamento Europeo, con la Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2020 sulla garanzia per i giovani, ha condannato la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti.

Lo ha fatto votando a maggioranza (574 sì, 77 no, 43 astenuti) una Risoluzione in cui invita gli Stati membri a proporre possibili soluzioni per l’introduzione di uno strumento giuridico comune a tutti con l’obiettivo di garantire una remunerazione equa per stagisti, tirocinanti e apprendisti nel mercato del lavoro dell’Unione, garantendo anche un ambiente di lavoro adeguato, un trattamento equo e paritario, con periodi di prova di ragionevole durata e senza contratti atipici.

In particolare, il Parlamento Europeo:

13. crede fermamente nell’obiettivo di migliorare le condizioni socioeconomiche dei giovani attuando in modo corretto la garanzia per i giovani rafforzata; ribadisce la propria posizione secondo cui la retribuzione dovrebbe essere commisurata al lavoro svolto, alle competenze e all’esperienza della persona in questione e dovrebbe permettere la sussistenza ai tirocinanti, agli stagisti e agli apprendisti che operano nel mercato del lavoro al di fuori dei programmi di studio; invita la Commissione e gli Stati membri a proporre, in collaborazione con il Parlamento e nel rispetto del principio di sussidiarietà, possibili soluzioni per l’introduzione di uno strumento giuridico comune che garantisca e faccia applicare una remunerazione equa per gli stagisti, i tirocinanti e gli apprendisti nel mercato del lavoro dell’UE; condanna la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti, che costituisce una forma di sfruttamento del lavoro dei giovani e una violazione dei loro diritti;

Ci sono tre osservazioni che voglio fare sulla pratica di retribuire il lavoro dei tirocinanti poco o niente:

  • era anche ora che il Parlamento Europeo se ne accorgesse;
  • qualcuno dovrebbe spiegare alla Regione Lombardia che l’esortazione del Parlamento Europeo a che i tirocinanti abbiano una retribuzione commisurata innanzi tutto al lavoro svolto, nonché l’esplicita condanna per la pratica dei tirocini non retribuiti si applica – senza scuse – anche ai periodi di praticantato nelle professioni regolamentate. Non me ne voglia il Presidente della Regione, che è un rappresentante di una di queste professioni regolamentate, ma non ci si può lavare le mani dicendo che non sono attivabili tirocini extra-curriculari in favore di professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate per attività tipiche ovvero riservate alla professione, come invece si afferma negli Indirizzi regionali in materia di tirocini.

Non si può perché questo è un modo elegante per affermare che nelle professioni regolamentate non si applicano neppure i minimi dell’indennità di partecipazione previsti dagli Indirizzi

  • se è vero che il limite minimo dell’indennità di partecipazione è pari, secondo gli indirizzi regionali, a 500 euro mensili [che si possono ridurre a 400 euro mensili se qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa e addirittura a 300 euro mensili se il soggetto ospitante è una Pubblica Amministrazione], è anche vero che l’indennità dovrebbe permettere la sussistenza ai tirocinanti. Se non è chiaro abbastanza cosa si intenda per “permettere la sussistenza”, posso spiegarlo io: ai tirocinanti extra-curriculari deve essere riconosciuta una indennità almeno pari a 800 euro mensili a cui aggiungere obbligatoriamente i buoni pasto che non sono tassati – e no, non quelli cartacei da 4 euro al giorno, che a Milano con 4 euro non prendi neppure un panino; insomma, anche in questo periodo così difficile una dignitosa indennità mensile deve avvicinarsi il più possibile a 1.000 euro al mese, tutto incluso. Se poi siete una grande azienda, potete fare anche di meglio.

Il motivo è spiegato bene dall’ISTAT: basta selezionare i menu a tendina – per i giovani laureati che vivono da soli a Milano [perché voi volete che diventino ben presto indipendenti, vero?] – per avere una risposta.

 

Se invece pensate che 600 euro al mese siano più che sufficienti, avete le braccine corte.

E per favore, non oltre i sei mesi, che è sufficiente tempo per valutare se ci si piace abbastanza.

Tre buone ragioni per la nostra sostenibilità

L’altro giorno abbiamo ricevuto ufficiale conferma della nostra adesione al UN Global Compact, in qualità di Partecipanti (trovate tutte le informazioni sul sito direttamente sul sito del UN Global Compact). Siamo emozionati, perché ciò rappresenta l’inizio di un percorso che ufficialmente riempie di significato importante il nostro modo di fare impresa e di fare consulenza.
Siamo ancora più emozionati perché, in qualità di Partecipanti al UN Global Compact, intraprendiamo il nostro percorso affiancando gli altri cinquanta enti o società circa che avevano precedentemente aderito in qualità di Partecipanti nel nostro paese.

Il UN Global Compact è l’iniziativa strategica di cittadinanza d’impresa più ampia al mondo.
In senso ampio, il UN Global Compact è un’iniziativa volontaria di adesione a un insieme di principi che promuovono i valori della sostenibilità nel lungo periodo attraverso azioni politiche, pratiche aziendali, comportamenti sociali e civili che siano responsabili e tengano conto anche delle future generazioni; un impegno, siglato con le Nazioni Unite dai CEO delle aziende partecipanti, a contribuire a una nuova fase della globalizzazione caratterizzata da sostenibilità, cooperazione internazionale e partnership in una prospettiva multi-stakeholder.

Ci sono tre ragioni per le quali abbiamo intrapreso questo percorso.
In primo luogo, vogliamo essere orgogliosi del nostro lavoro.
Da sempre facciamo consulenza orientata ad analizzare, valutare e migliorare le buone pratiche di governo societario, attraverso adeguati processi di gestione dei rischi e di controllo interno. Non solo. Siamo riconosciuti come validi interlocutori nello sviluppo e nella valutazione dei sistemi anti-corruzione e, più in generale, dei sistemi organizzativi a presidio della legalità nelle attività imprenditoriali.
Sappiamo bene che talvolta ciò che viene letto per prima in una nostra proposta sta in basso a destra. E non è testo, bensì è un numero espresso in euro. Noi andiamo avanti a schiena dritta e testa alta, perché il buon governo delle imprese contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo di sostenibilità 16 promosso da UN nell’Agenda 2030.

In secondo luogo, come imprenditori abbiamo l’obbligo morale di lasciare un’impronta che sopravviva a noi stessi.
E se questa impronta in passato è stata semplicemente associata, dal punto di vista simbolico, alla notorietà del marchio e, dal punto di vista giuridico, al mero passaggio generazionale, ecco che ciò oggi non basta più e non è anzi ciò che vogliamo. Come imprenditori, noi vogliamo creare e gestire imprese che sappiano guidare il cambiamento nelle modalità organizzative, per esempio nella cura e nell’attenzione verso le persone che ci lavorano, e che siano di ispirazione per i nostri clienti.

Certo, è una goccia nel mare. Ma l’oceano, in effetti, è fatto di acqua.

In ultimo, gli obiettivi devono essere noti, pubblici e verificabili.
Aderire al UN Global Compact ci espone imprenditorialmente allo scrutinio di tutti. Questo semplice gesto porta con sé conseguenze importanti. Ci educa nella identificazione e valutazione periodica degli
obiettivi di sostenibilità che vogliamo raggiungere; ci guida nelle azioni che dobbiamo mettere in atto; ci obbliga a misurare ciò che facciamo di periodo in periodo.
Impegnativo, ma entusiasmante.

E ci fa intraprendere questo percorso insieme a tante altri enti e società, in Italia e nel mondo, perché la collaborazione e l’interdipendenza sono essenziali.

Nessuno, infatti, è un’isola e noi – lo ripetiamo sempre – vogliamo costruire ponti.

Vittorio Gennaro