I controlli non apportano valore alle cose, ma preservano e proteggono le cose dai rischi che su di queste incombono. Questa è la semplice e dura verità che bisogna accettare: non potete pretendere che le persone a lavoro siano particolarmente interessate ai controlli, in moltissimi casi.
Bisogna tuttavia comprendere cosa si intenda dire quando si afferma che i controlli non apportino valore. Tecnicamente le attività di controllo non trasformano un input in un diverso output; se tuttavia un’attività di controllo intercetta che qualcosa non vada nell’input – perché per esempio esso è di qualità inferiore a quella che era attesa – l’intervento correttivo che ne segue impedisce che il problema passi oltre e vada a propagarsi più a valle nel processo, con un effetto moltiplicativo a cascata delle conseguenze negative.
“In questo senso diciamo che i controlli preservano il valore; diciamo, in altri termini, che i controlli assicurano che il valore aggiunto che è già stato creato dalle attività precedenti – a volte senza difetti, a volte con difetti che possono e devono essere corretti in tempo utile – possa essere preservato per le attività a venire”.
È evidente che molte volte i controlli sembreranno non servire a nulla, perché non vi sono errori e difetti da correggere: tutto era andato bene fino a quel momento; paradossalmente i controlli sono quelle attività che sono messe in osservazione e in discussione quando non intercettano gli errori. Se tutto va bene, nessuno se ne accorge.
Pensiamo alla contabilità: un semplice errore di contabilizzazione di un fatto economico si cumula insieme ad altri errori e minaccia l’attendibilità del bilancio nel suo complesso. Le attività di controllo di linea cercano di prevenire o di rimediare a questi errori. Cattivo esempio, voluto, perché è evidente che un singolo errore contabile non potrà probabilmente mai minacciare da solo l’attendibilità del bilancio.
Immaginiamo allora che l’errore sia sistematico, sia generato per esempio da una logica errata a livello applicativo che genera errori ogni volta che gira il ciclo di fatturazione; forse, in questo caso, l’effetto cumulativo potrebbe davvero minacciare l’attendibilità del bilancio. Probabilmente neppure questo esempio ha solleticato l’interesse per i controlli, ne siamo sicuri.
Ciò non deve sorprendere, perché i controlli sono percepiti come importanti quando il valore che è a rischio è altrettanto importante.
Cambiamo esempio e immaginiamo la produzione alimentare di un prodotto fresco, facilmente deperibile e particolarmente soggetto a rischi di contaminazione; sulle etichette spesso si legge che il processo di produzione è soggetto a migliaia di controlli giornalieri. Questo vi rassicura, perché la salubrità del prodotto che portate in tavola è essenziale a preservare il valore della vostra salute. E quando avete bambini piccoli, la vostra attenzione alla qualità – si potrebbe dire ai controlli di qualità – aumenta, perché in qualche modo ciò che è a rischio vi sta ancora più a cuore.
Se ciò non ha colto nel segno, immaginiamo sappiate che ogni volta che un aereo si prepara al decollo, ci sono una serie di protocolli obbligatori, all’esterno e all’interno dell’aereo, tutti orientati a controllare che non ci siano anomalie. Nessuna di queste attività di controllo aggiunge in qualche modo valore all’esperienza di volo, ma se i controlli non fossero eseguiti correttamente o non fossero messi in atto nella corretta sequenza oppure non fossero proprio rispettati, ciò che ne va a rischio sarebbe la vita di coloro che sono a bordo. Improvvisamente ecco che il controllo interno diventa importante, perché è il rischio che altrimenti affrontate ad essere importante.
Il controllo ha senso di esistere se c’è un rischio che deve essere gestito; e il rischio deve essere gestito se ciò che ne viene altrimenti minacciato ha un valore importante.