Quando arriva la “prima cosa bella” della nostra vita – il nostro primo figlio – e dopo averla tanto sognata e desiderata si catapulta nella nostra vita, non c’è dubbio che ci sconvolga un poco, rimettendo tutto in discussione con le relative priorità.
Un istante dopo realizzi che devi prenderti #cura di qualcuno e improvvisamente vieni sopraffatta dalla paura e dalla responsabilità di “crescere” qualcuno che dipende totalmente da te: ci pensi e realizzi che tutto quello che hai studiato sui libri e imparato sul lavoro, sino a quel momento, è poco utile.
Ma poi ti butti e impari sul campo, certamente sbagliando, giorno dopo giorno; osservi, ascolti, cadi, ti rialzi, ti alleni, lasciandoti cambiare e facendoti ispirare fino ad arrivare alla consapevolezza che il vivere questa esperienza di vita ti ha profondamente trasformata.
Comprendi, insomma, che sei una persona speciale e che puoi fare cose che altri nemmeno immaginano. Te ne accorgi anche a lavoro, dove fai tesoro dell’accresciuta capacità nella gestione dei tempi e della maggiore empatia che hai con gli altri, per citare soltanto alcuni esempi.
Noi mamme abbiamo acquisito un “Master” in più.
Come dice MAAM – Maternity as a Master nel libro La maternità è un Master: Generare non significa solo “fare figli”: la generatività è data dalla cura, dalla vicinanza, dall’affinità tra soggetti e progetti. È quell’attenzione speciale e focalizzata che si riserva a chi e a cosa decidiamo di ascoltare, promuovere e di amare”. È il desiderio di dare vita, di far uscire nel mondo qualcosa che ci trascenda. Frutto di attenzioni e gesti, cure e sguardi energetici e calorosi, la cura, secondo l’etimologia latina, forse fantasiosa, ma anche antica e illuminante, ha la sua radice (e la sua essenza) in “cor urat” , ciò che “scalda il cuore”.
La maternità è prendersi cura. E prendersi cura degli altri, da noi in operàri, è un valore.