La crescente complessità aziendale, insieme all’aumento dei requisiti normativi e al continuo mutamento del contesto esterno che si riverbera – con rischi sempre nuovi – sull’operatività aziendale, vede sempre più incrementare anche il volume e la tipologia degli audit interni, in risposta alle variate e molteplici necessità di controllo. Nella maggior parte delle organizzazioni i team di audit si trovano sempre più ad affrontare queste molteplici richieste con budget ridotti e quindi con numero minore di ore da poter impiegare per la realizzazione degli incarichi di audit.
È in questo contesto di rinnovata ed aumentata necessità di efficienza operativa che molte Funzioni di Internal Audit si stanno rapidamente rendendo conto che le soluzioni operative basate sull’informatica individuale non sono più adatte a supportare l’operatività della Funzione, che richiede invece una trasformazione digitale dei processi di audit.
Si tratta senza dubbio di una scelta strategica che passa anche – e soprattutto – attraverso la valutazione di adottare soluzioni applicative dedicate, offerte oramai sul mercato quasi tutte in modalità cloud e quindi con la possibilità di un accesso distribuito e della condivisione in tempo reale delle informazioni con il team di lavoro.
Ma quali sono i principali elementi da considerare nella transizione e quali i benefici derivanti da una scelta di cambio di strumenti che faccia transitare dalla classica modalità operativa one to one, ad una modalità operativa integrata e condivisa?
Partiamo dai benefici, ma con una necessaria puntualizzazione espositiva: quello che viene qui riportato è il punto di vista di un consulente di Internal Audit, che opera in un’azienda che ha fatto da tempo della scelta metodologica e di strumenti di supporto un proprio elemento distintivo. Ma senza alcun dubbio la spinta alla realizzazione delle verifiche da remoto dettata dall’impatto pandemico sul mondo del lavoro – e ci si riferisce, senza remore di smentita, all’impatto dello smart working anche sulle attività di Internal Auditing – ha ulteriormente incrementato l’utilizzo di strumenti di comunicazione e condivisone, andando appunto verso questa direzione di trasformazione digitale. Ed ecco quindi che la competenza e la conoscenza del consulente che utilizza lo strumento per portare a termine nella maniera più efficace gli incarichi affidati da una pluralità di differenti clienti con approcci e metodologie diverse, divengono di supporto a chi si pone di fronte alla scelta di un cambio di approccio operativo all’intero processo di auditing.
Fatta questa dovuta precisazione, è indubbio che la gestione integrata del processo di audit attraverso uno strumento dedicato consenta di beneficiare di una qualità metodologica dettata da unitarietà di metodo operativo da parte degli auditor, accesso immediato e distribuito alle informazioni, ordinata e archiviazione di dati ed informazioni, con relativa accessibilità e sistematicità di condivisione e revisione attraverso workflow e processi approvativi strutturati ed efficaci, nonché automazione nella creazione della reportistica e disponibilità di flussi informativi e dashboard mirati alle differenti necessità informative dei vari stakeholders.
Ovviamente le soluzioni di digitalizzazione presenti sul mercato presentano differenti livelli di sofisticazione che rendono più o meno rilevante un beneficio a scapito di un altro. Ma la transizione digitale, indipendentemente dalla tipologia di strumento che si andrà a preferire, non può non tenere in considerazione alcuni elementi imprescindibili di tale processo.
La scelta di dotarsi di una soluzione applicativa dedicata per la gestione delle attività della Funzione di Internal Audit ha infatti come primo immediato impatto l’ottimizzazione del processo di Internal Auditing in tutte le sue fasi: eseguire un intervento di audit, infatti, è solo una minima parte dell’attività che deve essere programmata, coordinata e poi elaborata successivamente per riportarne esiti, valutazioni e riscontri.
È pertanto fondamentale che la tecnologia venga integrata nella realtà operativa della Funzione di cui diviene un supporto, e non uno strumento a latere calato dall’alto: la digitalizzazione deve migliorare l’efficienza operativa, senza stravolgere metodologie e approcci già condivisi e di cui è stata appurata la validità nel tempo. Piuttosto può essere lo strumento per porsi delle domande in ottica di miglioramento ed affinamento metodologico: è necessario che vengano presi in considerazione – proprio come viene fatto durante una vera e propria analisi funzionale – gli impatti di introduzione di un nuovo software in termini di cosa dovrà cambiare operativamente nel quotidiano dell’auditor e di come lo strumento possa essere efficacemente integrato, senza andare magari a stravolgere metodologie consolidate e riconosciute; il passo successivo sarà inevitabilmente chiedersi come intervenire laddove da tale analisi emergano delle necessità di adeguamento e modifica e quindi passare dal “nice to have” all’effettiva valorizzazione di funzionalità disponibili e necessità operative.
In tutto questo la chiave di volta risiede ovviamente nella possibilità di poter personalizzare il più possibile lo strumento scelto, affinché lo stesso non divenga nel tempo un mero repository documentale – peraltro costoso – e la digitalizzazione a quel punto rimanga solo una bella icona in più sui PC di ciascun auditor. Con buona pace di una scelta di tipo strategico.
Per concludere con metafora sportiva, bisogna considerare il percorso verso una corretta digitalizzazione della Funzione di Internal Audit più simile ad una maratona che ad una corsa di velocità: necessita la giusta preparazione e il supporto di un coach preparato e competente potrebbe essere l’arma vincente per raggiungere i migliori obiettivi in termini di tempi e prestazioni.
Stefania Balliana